Il mondo intero contro l’infibulazione. Il 6 febbraio le più grandi organizzazioni mondiali e le associazioni di tutti i paesi si uniscono contro gli interventi di mutilazione dei genitali, come la circoncisione e l’escissione del clitoride. Drammatici riti tradizionali che da secoli vengono eseguiti per ragioni religiose, sanitarie, sociologiche ed estetiche, si tramandano in molti paesi, soprattutto africani e con il tempo, anziché diminuire, si diffondono sempre di più: anche se mancano dati precisi e attendibili, l’Unicef fa sapere che il numeri dei casi negli Stati Uniti è triplicato, e l’Italia e al quarto posto in Europa. Questo succede anche se la pratica è vietata dalla legge, in Usa come da noi.

I dati UNICEF
Secondo il nuovo rapporto Unicef , almeno 200 milioni di donne e bambine, 70 milioni di casi in più di quelli stimati nel 2014, hanno subito mutilazioni genitali femminili. Tra le vittime, 44 milioni sono bambine e adolescenti fino a 14 anni; in questa fascia di età, la prevalenza maggiore è stata riscontrata in Gambia, con il 56%, in Mauritania con il 54% e in Indonesia, dove circa la metà delle adolescenti (con un età fino a 11 anni) ha subito mutilazioni. I paesi con la più alta prevalenza tra le ragazze e le donne tra i 15 e i 49 anni sono la Somalia (98%), la Guinea (97%) e Djibouti (93%). In Europa nel 2008 erano 18.110, nel 2013 hanno superato le 25 mila.

In ITALIA

Negli anni 90 ci fu la campagna di Emma Bonino, intitolata «Non c’è pace senza giustizia», poi sarrivò l’approvazione di una legge che prevede da 3 a 16 anni di carcere per chi pratica la circoncisione femminile. Tuttavia le denunce e i percorsi formativi restano irrisori. Quest’anno l’Aidos – Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo – ha lanciato un progetto contro le mutilazioni genitali femminili che sfrutta il mezzo di comunicazione più diffuso in Africa, la radio, per sensibilizzazione e per informare. Il progetto si chiama: ”Abandoning FGM on F” (Abbandonare la mutilazione genitale femminile via FM), e coinvolge giornalisti e cittadini africani.

In occasione della Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili (MGF), UNRIC Italia (Centro Regionale di Informazione delle Nazioni Unite) ha intervistato Clara Caldera, economista e membro di AIDOS. Riportiamo qui uno stralcio dell’intervista che ci tocca più da vicino:

”In Europa e anche in Italia dobbiamo tenere conto nei progetti che molte comunità di migranti che praticano le MGF hanno legami forti con i paesi di origine. Questo rappresenta un nodo fondamentale per la decisione o meno di sottoporre alla pratica le proprie figlie. Così come la comunità di provenienza condizionano i migranti nella scelta di portare avanti le tradizioni, le comunità che risiedono in Europa e nel nostro paese possono essere agenti di cambiamento nel promuoverne l’abbandono. Dobbiamo quindi lavorare per promuovere l’empowerment delle comunità della diaspora attraverso la partecipazione ai progetti di contrasto alle MGF, sia sul nostro territorio che nei paesi di origine. Insomma, in un’ottica di prevenzione e di protezione delle bambine a rischio di MGF è necessario creare dei ponti tra le persone e le comunità che risiedono stabilmente in Europe e i paesi d’origine, tra i/le professionisti/e di diversi settori ma anche tra i governi in un’ottica di protezione delle ragazze a rischio per esempio”.

 

6 febbraio Mutilazioni genitali femminili

(Credit: foto di UNICEF/UNI150852/ASSELIN /  e di Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo)

 

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