5,7 casi su 100mila residenti, in un solo anno. Nel 2016 sono stati quasi 4.000 i nuovi malati di Aids in Italia e il trend non è né migliore né peggiore di quello degli anni precedenti. Il totale di nuove diagnosi effettuate tra il 2000 e il 2016, è di 26.643 persone e potrebbe essere ancora più alto se più giovani si sottoponessero ai rapidi test disponibili, a poco prezzo, anche in farmacia.

La sindrome da immunodeficienza acquisita, figlia dell’Hiv, è ancora una bestia nera, non solo in Italia, 13° tra le nazioni europee, con la Grecia, tre le nazioni dell’Europa occidentale.

Il nemico invisibile che le Nazioni Unite si erano ripromesse di sconfiggere entro il 2030, rende ancora impotente la scienza, che non ha ancora elaborato un vaccino in grado di prevenire efficacemente l’infezione.

C’è qualcosa che, dai bui anni ’90 ad oggi, è però cambiato in modo dirompente: la modalità di trasmissione. Se prima l’Hiv era sinonimo di droghe, tossicodipendenza e scambio di siringhe infette, oggi dire Hiv è dire sesso non protetto. E a pagarne più le spese, secondo le statistiche elaborate dal Centro Operativo Aids dell’Istituto Superiore di Sanità e presentate nei giorni scorsi dal Ministero della Salute al Parlamento, sono gli omosessuali, che prediligono i rapporti a rischio per ragioni di appartenenza alle comunità gay. La fascia di età più a rischio si è frattanto alzata: è quella di chi ha tra i 25 e i 29 anni.

Nel bollettino realizzato per aggiornare i rappresentanti degli italiani in Parlamento “Sullo stato di attuazione delle strategie attivate dal sistema sanitario italiano per fronteggiare l‟infezione da HIV”, il Ministero mette un segno rosso sulle regioni italiane che presentano ogni anno più casi di sieropositività: si tratta di Lazio, Marche, Toscana e Lombardia.

 

La luce in fondo al tunnel

Nonostante basti un preservativo per proteggersi dall’Hiv e nonostante questi semplici dispositivi siano ormai disponibili anche nei Paesi più poveri, al momento, nel mondo, ci sono circa 37 milioni di persone che convivono con l’Hiv o l’Aids.

Ogni anno vengono diagnosticati, in ogni parte del Globo, 1,8 milioni di nuovi casi di sindrome da immunodeficenza acquisita.

La ricerca non ha ancora messo a punto una cura completamente affidabile, anche se si intravede una luce in fondo al tunnel.

L’ultimo prodotto, messo a punto dai ricercatori della Harvard Medical School, è un trattamento ‘a mosaico’, cioè un vaccino che ambisce ad essere universale, poiché contiene frammenti di diversi ceppi di virus provenienti da diverse parti del mondo. Il nuovo farmaco è stato già testato sull’uomo. 393 persone provenienti da Stati Uniti, Ruanda, Uganda, Sud Africa e Tailandia si sono sottoposte a quattro cicli di vaccinazioni nel corso di 48 settimane.

I risultati? Pare che una risposta immunitaria ci sia, senza effetti collaterali. Sulle scimmie, frattanto, la sperimentazione è andata avanti con successo. Sebbene il nuovo vaccino pare non azzerare il rischio di infezione, nei primati è stato in grado di ridurlo del 64%.