Le campagne di prevenzione dell’Aids realizzate in Italia dal 1982 a oggi peccano di scarso coraggio, rivelandosi poco efficaci nel far percepire l’Aids come un potenziale problema personale e nel modificare i comportamenti individuali. Lo sostengono, in un paper di prossima pubblicazione, Emilio Tanzi e Isabella Soscia della Sda Bocconi.

Stando ai risultati della loro ricerca, gli 85 messaggi che si sono susseguiti nel tempo (72% a cura del Ministero della Salute, 21% dalla Lila, 7% da Pubblicità progresso) presentano sempre l’inequivocabile contenuto informativo riassumibile nell’espressione L’Aids c’è”, ma risultano carenti in quanto a ulteriori messaggi. Solo il 44% delle campagne fornisce informazioni pratiche, indicando per esempio a quali servizi rivolgersi. Il tema del test, unico strumento attualmente a disposizione per una presa di coscienza del proprio stato di salute, è presente solo nel 31% degli slogan. Appena il 18% delle campagne invita esplicitamente a non discriminare gli ammalati.

La poca incisività degli strumenti comunicativi sin qui adoperati è confermata dai limitati riferimenti al condom. Il termine “preservativo”, o un suo sinonimo, spunta nel 29% dei messaggi analizzati, con un andamento oltretutto in picchiata: si precipita dal 44% del periodo 1987-1991 al 7% del 2003-2007. Il profilattico compare visivamente nel 21,2% dei casi, con un andamento irregolare nel corso del tempo, ma senza che si registri una tendenza alla sparizione, come avviene invece nei testi.

La chiave utilizzata è prevalentemente quella informativa, con i riferimenti emotivi che sembrano banditi da quasi metà dei messaggi e che, col passare del tempo, si sono ridotti alle sole suggestioni amorose.