L’utilizzo a lungo termine della pillola anticoncezionale può determinare la formazione di placche nelle arterie. È questa la conclusione alla quale è approdato uno studio condotto dall’università di Ghent (Belgio), dove gli esperti hanno seguito mille donne “consumatrici” del contraccettivo orale parallelamente ad altre mille che invece non ne fanno uso.

Il confronto tra i due campioni ha evidenziato un aumento pari al 20-30% dei cumuli di grasso indurito (placche, appunto) per ogni decade in cui il farmaco è stato assunto. La presentazione di tali risultati è avvenuta durante il convegno dell’American Heart Association, recentemente tenutosi a Orlando (Florida, Usa). A divulgare la notizia è stata invece la rivista scientifica Nature.

Ma non basta. Un’altra ricerca, questa volta pubblicata su The Lancet, ha confermato un’ipotesi da tempo in circolazione: il ricorso alla pillola, prolungato per almeno cinque anni, raddoppia le probabilità di contrarre un cancro al collo dell’utero. La buona notizia è che il pericolo diminuisce quando si interrompe il trattamento, tornando su livelli normali dopo circa un decennio.

A mettere in guardia contro il rischio tumore è la revisione sistematica dell’85% degli studi epidemiologici disponibili nel mondo sul carcinoma alla cervice, nata da una collaborazione internazionale guidata da Jane Green dell’università di Oxford. Alla luce dell’assunzione di estro-progestinici sono stati rielaborati i dati riguardanti 16 mila donne malate e 35 mila sane, differenti per fasce di età, provenienza geografica, abitudini sessuali.

I risultati suggeriscono un rapporto causa-effetto tra la pillola e la possibilità di sviluppare il cancro al collo dell’utero, ma non chiariscono il meccanismo preciso. L’infezione da Papilloma Virus (Hpv), che si trasmette per via sessuale, è sempre all’origine di questo male. Le donne che adottano la contraccezione orale in luogo del preservativo sono, pertanto, più esposte al contagio.

Ma si può anche ipotizzare una correlazione tra l’uso di ormoni e l’instaurarsi dell’infezione persistente: gli estrogeni aumentano la trascrizione dell’Rna virale, mentre riducono la risposta immunitaria. Così come si può ipotizzare che gli anticoncezionali orali giochino un ruolo nello sviluppo delle lesioni precancerose di grado severo. Non è stato invece dimostrato un loro coinvolgimento nella trasformazione di tali lesioni in tumore maligno.

Insomma, si deve concludere che la pillola fa male? Jane Green consiglia prudenza: «Nessuno è in grado di dire se fa bene o fa male. Ciò perché, al momento, è difficile elaborare statistiche valide. Troppo diverse tra loro sono le pillole anticoncezionali e ancor più diversi sono i periodi di assunzione da parte delle donne. I risultati, quindi, non possono essere omogenei».

All’esperto di Oxford fa eco Sharonne Hayes della Mayo Clinic di Rochester (Minnesota, Usa). «L’aumento del cancro alla cervice in chi utilizza la pillola – afferma -non è un dato nuovo e, anche se la scoperta delle ricadute sulle arterie era sconosciuta (si riferisce alla ricerca condotta in Belgio, ndr), direi che le ricerche devono essere ancora portate avanti prima di giungere a conclusioni definitive. Le donne studiate, infatti, hanno utilizzato pillole di vecchia concezione, contenenti un’elevata quantità di ormoni».