È atteso a giorni il parere del Consiglio superiore di Sanità sulla cosiddetta «pillola dei cinque giorni dopo». È stato lo stesso ministro della Salute Fazio ad annunciarlo, a seguito di un’interpellanza parlamentare della senatrice Poretti (radicali-Pd). D’altra parte, già diversi mesi or sono l’azienda produttrice aveva chiesto di poter vendere la pillola anche in Italia. La francese Hra Pharma, per evitare ogni obiezione, ha registrato il prodotto in Europa come un banale «contraccettivo d’emergenza». Peccato, però, che EllaOne sia molto più simile alla Ru486 piuttosto che alla pillola del giorno dopo: entrambe sono «modulatori del recettore del progesterone». Se l’ovulazione è già avvenuta, EllaOne ha un effetto abortivo.

L’agenzia italiana del farmaco, da parte sua, ha già espresso diverse preoccupazioni. Il partito dei contrari annovera anche un ginecologo come Luciano Bovicelli, non obiettore, ordinario di Clinica ginecologica ed ostetrica all’Università degli Studi di Bologna. Nessun dubbio nel definirsi «assolutamente contrario alla novità. Il fai da te, di fronte all’aborto, mi sembra del tutto scorretto dal punto di vista sia etico che medico. La legge 194 ha portato all’emersione dell’aborto, mentre Ru486 e EllaOne ci fanno tornare indietro, all’aborto non controllato, con tutti i rischi che questo comporta. E lo dico da medico abortista, sebbene ritenga l’aborto l’ultima delle scelte possibili».

Bovicelli non si scompone sentendo le nuove notizie di morti da Ru 486, l’ultima in Portogallo. «Una somministrazione disinvolta della Ru486 non mi ha mai convinto – spiega -, non c’erano dati del tutto rassicuranti e gli “incidenti” non sono stati chiariti». Le infezioni che hanno portato alle 32 morti accertate «restano ancora da spiegare, tanto più che anche la sintomatologia è anomala, per l’assenza di una reazione febbrile». Non solo: a ciò bisogna aggiungere «la possibilità di forti dolori, emorragie, aborti incompleti che necessitano interventi, da un raschiamento più o meno banale fino all’asportazione dell’utero». Tutto il contrario di un “aborto facile”.

Secondo Bovicelli i medici che aggirano la regola ministeriale dei tre giorni di ricovero in ospedale facendo firmare le dimissioni volontarie «sono molto scorretti perché lasciano andare una paziente che ha assunto farmaci i cui effetti collaterali sono ancora poco conosciuti». Se si parla poco delle complicanze della Ru, forse è perché «si aspetta l’incidente clamoroso, per poi scoprire che se ci fosse stata più attenzione non sarebbe avvenuto». «Qui da me aggiunge Bovicelli – mai nessuna paziente ne ha fatto richiesta». Per quanto riguarda EllaOne, «dal punto di vista medico i rischi per la salute della donna, essendo ancora a livello iniziale della gravidanza, sono inferiori. Il vero nodo critico è piuttosto quello etico ed educativo».