Le prime settimane dopo una possibile trasmissione del virus sono definite “finestra immunologica” o “sierologica“. Durante tale periodo è impossibile accertare o escludere il contagio con i sistemi di cui attualmente dispone la medicina, ma può avere senso sottoporsi a un trattamento basato sulla somministrazione di farmaci anti-Hiv per cercare di prevenire l’infezione.

Questa misura, che prende il nome di profilassi post-esposizione (Hiv-Pep o Pep), dura alcune settimane ed è indicata sia nel caso di esposizione a rischio per via sessuale sia nel caso di ferite da aghi negli ospedali, ma non è efficace al 100%.

Il successo del trattamento dipende dal lasso di tempo che intercorre tra l’esposizione al rischio e l’inizio della terapia medicamentosa. Deve trattarsi di un intervallo breve: idealmente 4 ore, di sicuro non oltre 72 ore, altrimenti non è più considerato efficace.

Quindi, prima si comincia, meglio è.

L’Hiv-Pep potrebbe presentare importanti effetti collaterali, mentre è improbabile che si producano conseguenze tardive. Non si tratta, in definitiva, di una “pillola del giorno dopo”, bensì di una terapia consigliabile in condizioni eccezionali e di emergenza.

Le situazioni ad alto rischio che rendono opportuna la profilassi post-esposizione sono:

  1. Rapporti sessuali vaginali o anali non protetti con una persona affetta da Hiv (anche dopo la rottura del profilattico)
  2. Rapporti sessuali orali non protetti con eiaculazione nella bocca da parte del partner sieropositivo
  3. Uso di materiale da iniezione usato da una persona sieropositiva
  4. Le tre situazioni precedenti se c’è un’alta probabilità che la persona con cui si è venuti in contatto sia Hiv-positivo (per esempio: uomo omosessuale, persona che fa uso di droga per via endovenosa, persona proveniente da un paese ad alto tasso di incidenza Aids)