Matrimonio nullo se si usa il preservativo.

A deciderlo è la Corte di Cassazione, che con una sentenza shock (la 814/2009), ha respinto il ricorso di una donna che non voleva fosse riconosciuta la nullità del suo matrimonio concordatario, già sancito dalla Sacra Rota.

Il caso di Elisabetta e Fabio, sposati nel 1992, è destinato a fare storia. Lui era affetto da una patologia sessualmente trasmissibile (la sinrdrome di Reiter) sia alla moglie che al “potenziale” futuro bambino. A scandire i rapporti sessuali della coppia, fino alla separazione, era stato sempre il preservativo per la malattia dell’uomo.

Nel momento in cui i due si sono separati, hanno fatto ricorso alla Sacra Rota, che ha annullato il matrimonio proprio perché non aveva finalità procreative. Per la Chiesa, infatti, tra i doveri delle persone sposate rientra anche quello della procreazione. Se ci si limita a fare l’amore usando precauzioni, il matrimonio può essere annullato anche per lo Stato. I due si sono separati nel 1999.

A invalidare il matrimonio era stato il tribunale ecclesiastico del Lazio. Successivamente, la Corte d’Appello di Roma ha convalidato la decisione e la donna ha presentato quindi ricorso in Cassazione sostenendo che doveva salvaguardare il proprio diritto alla salute, riconosciuto dall’art. 32 della Costituzione.

Ma la Cassazione non ha voluto sentire ragioni.

Secondo la Cassazione, infatti, l’efficacia della sentenza ecclesiastica in questione – come si legge nel sito dell’Uaar (unione degli atei e degli agnostici razionalisti) – “non trova ostacolo, sotto il profilo dell’ordine pubblico, nella circostanza che la legge statale non include la procreazione fra i doveri scaturenti dal vincolo matrimoniale”, dato che “non incide sui principi essenziali” dell’ordinamento giuridico italiano, “né sulle regole fondamentali che in esso definiscono l’istituto del matrimonio”.

Il fatto che nell’ordinamento italiano non sia menzionata la “procreazione tra i doveri nascenti dal matrimonio” non significa, scrivono i giudici, che “se un diverso ordinamento valorizzi tale circostanza, si verifichi un radicale contrasto con qualche principio fondamentale dell’ordinamento statuale”, considerando che quest’ultimo in ultima analisi “configura il matrimonio come fondamento della famiglia, finalizzato cioè alla formazione di quella società naturale comprendente anche i figli, quale normale, anche se non essenziale sviluppo dell’unione coniugale”.

Tale impostazione è accettata in quanto lo stato ha concesso un margine di manovra più ampio in materia matrimoniale all’ordinamento canonico, “rispetto agli altri ordinamenti stranieri”.