Che fine ha fatto l’emendamento di legge che avrebbe portato finalmente in Italia contraccezione gratuita?

O meglio quello che finalmente avrebbe permesso di attuare in tutta Italia una legge in vigore dal 1975 (la legge n. 405 del 1975 che istituì i consultori familiari all’articolo 4) ma che solo 5 regioni italiane hanno, da pochi mesi, applicato?

Bella domanda. Mentre  – in ordine di tempo – Puglia, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Toscana (chi davvero…. chi solo sulla carta) distribuiscono preservativi, pillole e altri contraccettivi su misura nei consultari in modo anonimo e gratuito, il resto dell’Italia sta a guardare.

Visto he la Sanità è questione di interesse regionale, ognuno interpreta la legge da sé. E così  una norma nazionale del 1975 che traccia i confini – poi estesi dalla 194 – della gratuità dei mezzi necessari a una procreazione responsabile per “tutti i cittadini italiani e per gli stranieri residenti o che soggiornino, anche temporaneamente, su territorio italiano” resta solo un esercizio dialettico di progressismo a parole.

Cosa dice la legge

All’articolo 4 della legge 140 del 1975 è espressamente scritto che tutte le prestazioni effettuate dai consultori e i prodotti farmaceutici che vengono qui distribuiti (preservativi, spirali, impianti contraccettivi sottocutanei fanno tutti parte della categoria) devono essere gratuiti. 

Per questo ed altri motivi di attetratezza nei fatti, l’Italia non risulta che al 26° posto in Europa (su 46 stati, geograficamente considerati)  in quanto a prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse e delle gravidanze indesiderate.

Un posto in ultima fila ben meritato, visto che non esiste nemmeno una legge che regolamenti l’educazione sessuale nelle scuole.

Tra i primi in classifica in materia di educazione sessuale ed accesso alla contraccezione figurano invece Francia, Regno Unito, Belgio, Norvegia, Paesi Bassi, Germania, Lussemburgo, paesi dove non solo i contraccettivi vengono risarciti se non forniti direttamente in loco in forma gratuita, ma la salute sessuale di giovani e donne a basso reddito è agevolata anche dal punto di vista della formazione e dell’accesso alle strutture in grado di definire percorsi completi di assistenza.

L’Italia, ancora nel 2019, non compare invece nemmeno tra gli 11 Stati europei che hanno un sito istituzionale di informazione sull’educazione sessuale, sulle pratiche abortive e sui metodi contraccettivi.