Potrebbe essere la vera, definitiva soluzione all’Hiv e a tante altre malattie infettive. Ma è ancora troppo presto per dirlo. Se così fosse, il nuovo dispositivo messo a punto dal gruppo di ricerca in Biologia Sintetica e dei Sistemi per applicazioni biomediche dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit) di Genova, guidato da Velia Siciliano, insieme a quello statunitense del Massachusetts Institute of Technology ( Mit), coordinato da Ron Weiss, avrebbe davvero fatto la scoperta del secolo.

L’apparecchio ideato dagli studiosi italiani e americani è un nuovo sistema sintetico di bioingegneria in grado di riconoscere specifiche proteine coinvolte in alcune malattie infettive, come l’Hiv.

Basta impostare le caratteristiche che identificano il virus e decidere come distruggerlo. Poi l’apparecchio stana il nemico e attiva una risposta cellulare che, a seconda della patologia da curare, può indurre la cellula malata al suicidio o attivare una risposta immunitaria o ancora produrre una proteina fluorescente, in grado di perfezionare la diagnosi e permettere di calibrare terapie mirate basate su DNA o RNA ingegnerizzati.

Mai nulla di simile sino ad oggi era stato ideato. Per questo della nuova tecnologia si parla ancora poco. Al momento ha funzionato solo in laboratorio, proprio sul virus dell’Hiv. Il sistema è stato in grado di identificare due proteine prodotte dal virus all’interno delle cellule umane – la Tat e la Nef – in tre tipi di colture cellulari umane. Risultato? L’apparecchio è stato in grado di bloccare la replicazione del virus, condannandolo all’autodistruzione.

Il rivoluzionario device ha già dato ottimi risultati anche in caso di epatite C e malattia di Huntington (una malattia genetica rara che colpisce il sistema nervoso centrale e porta ad un lento declino cognitivo e delle funzioni motorie).

Le applicazioni del nuovo dispositivo, spiegano i ricercatori autori di questo lungo lavoro, sono potenzialmente infinite: «perché all’interno del circuito – spiega Velia Siciliano –    basta modificare soltanto i due pezzi di Dna che consentono di riconoscere la proteina desiderata, quella cioé coinvolta nella malattia su cui vogliamo agire».

Con il nuovo sistema, che attende di essere testato in vivo, sulle prime cavie, sarà possibile scovare e forse curare qualsiasi tipo di malattia che presenti due caratteristiche: l’ubicazione della proteina coinvolta nella malattia all’interno delle cellule, cosicché i due anticorpi utilizzati per il rilevamento possano riconoscerla e la possibilità da parte di questi anticorpi di legarsi a due parti differenti della proteina bersaglio scelti dal ricercatore. Solo così sarà possibile scatenare la reazione cellulare che permetterà di ottenere il risultato voluto.