Parliamo di Hiv. Ma questa volta mettendo da parte quello che tutti dovremmo conoscere ma su cui sorvoliamo: i metodi di contagio e di cura.

Poniamoci invece una domanda, tutti insieme.

Ha più colpa: l’untore o l’unto? Chi la malattia (perché non sa di averla o perché la sottovaluta) la trasmette nel corso di un rapporto non protetto o chi (più o meno per le stesse ragioni) resta infettato?

Quanto ha diritto alla compassione chi, dopo una notte leggera e imprudente, scopre che dovrà portarsi per sempre addosso quel segno +, con tutte le conseguenze che ne derivano?

E quanta più ne ha chi, con la stessa imprudenza, glielo ha passato?

Ne ha infinitamente di più chi è malato, direte. Anche se così non è.

Altra domanda: quanta colpa ha invece chi, fortunato perché mai colpito da HIV, continua a fare sesso, anche occasionale, senza protezione?

Su una cosa siamo più o meno d’accordo: le tre categorie non sono assimilabili. L’uno (con distinguo tra chi lo ha fatto intenzionalmente e chi non sa di essere un “più”) ha danneggiato la salute altrui, l’altro solo la propria. Ma potenzialmente è già un untore. E molto probabilmente, se è solito ai rapporti non protetti, prima di conoscere la sua triste sorte, infetterà qualcun altro. Gli ultimi non hanno fatto ancora nulla, ma mettono a repentaglio, ad ogni rapporto, la propria salute, quella del partner, quella dei partner futuri.

4000 nuove diagnosi di HIV all’anno, solo in Italia, lo dimostrano: non esistono “innocenti” tra uomini e donne che non usano il preservativo, soprattutto se amano fare sesso occasionale.

Valentino Talluto, il 34enne cresciuto senza madre, morta – ironia della sorte – di Aids dopo un passato da tossicodipendente, ha contagiato 32 persone da quando, nel 2006, ha scoperto la sua sieropositività. 25 di queste si sono costituite parte civile, in quanto “vittime” inconsapevoli, di un criminale. Valentino trascorrerà, così ha deciso la legge, 24 anni in carcere. E qui riceverà le cure a cui non aveva mai voluto sottoporsi.

Le altre donne, ben 57 (di cui 25 scampate grazie alla presenza di anticorpi), saranno invece risarcite.

Compresa quella donna, già incinta di altro uomo, che si è lasciata tentare da Valentino e ha tradito così anche la vita che portava in grembo. Di tutta questa storia, quel bambino nato dopo il rapporto l’”untore” è l’unica vera vittima. Oggi, a cinque anni, il piccolo è affetto da una grave forma di encelopatia, oltre che da HIV.  Non si sa quanto sopravviverà e come vivrà.

Ma della giovane mamma che ora lotta due volte contro l’HIV non parla nessuno. Nessuno grida “mai più” e la porta come esempio di un’Italia che, facendo finta che l’HIV non esista, si procura tragedie come questa. E continua a ripeterle ogni giorno, anche se basterebbe un profilattico ad ogni rapporto ad evitarle e un test HIV, anche di quelli acquistabili in farmacia, se si sta tentando di avere un figlio.

In Italia, secondo le stime più recenti, ci sono circa 15 mila persone sieropositive inconsapevoli. Questo accade sia perché chi ha l’HIV non lo dice, per paura di affrontare le reali discriminazioni che toccano ai “segni +”, sia perché chi non ce l’ha non si protegge, fa finta che l’HIV non esista  finché non ne viene a contatto personalmente. E allora, quando è già troppo tardi per pentirsi, non gli resta che curarsi. E magari iniziare ad usare il preservativo.