Un vero cambio di strategia nella «guerra chimica» all’Aids: non colpire direttamente il virus, ma «reclutare» l’organismo nella difesa contro di lui. Ecco perché la scoperta di due gruppi italiani, appena pubblicata sul Journal of Medicinal Chemistry, è davvero innovativa.

I ricercatori hanno prima identificato un enzima umano chiamato DDX3 che aiuta l’Hiv a moltiplicarsi nell’organismo, poi hanno costruito al computer un farmaco in grado di bloccarlo con l’obiettivo di togliere al virus i mezzi per moltiplicarsi. L’Hiv, infatti, non si riproduce autonomamente, ma entra nelle cellule umane e sfrutta tutto il loro apparato (compresi enzimi cellulari come il DDX3) per replicare se stesso: a questo punto la cellula muore e i nuovi virus che si liberano sono pronti per aggredirne altre.

I VANTAGGI – La novità della ricerca, condotta dal Cnr a Pavia e dall’Università di Siena, sta nel fatto che la nuova molecola, ideata al computer, è diretta contro gli enzimi cellulari umani e non contro enzimi virali. Il vantaggio? Si riduce la farmacoresistenza. In altre parole, mentre gli enzimi virali hanno la tendenza a modificare la loro struttura durante la cura, diventando resistenti ai farmaci utilizzati (ecco perché questi ultimi col tempo possono diventare inefficaci in una certa percentuale di pazienti), gli enzimi cellulari non mutano così rapidamente. E l’effetto della nuova molecola dura più a lungo.

IN FUTURO – Certo, la molecola è stata sperimentata soltanto in laboratorio e non è ancora stata provata sull’uomo, ma quel che importa è che inaugura una nuova classe di sostanze anti-Aids completamente differente da quelle che vengono oggi utilizzate nella pratica clinica. È una risposta all’invito che i maggiori esperti della malattia hanno lanciato negli ultimi tempi di fronte, da un lato, al fallimento dei vaccini preventivi e, dall’altro, all’impossibilità di eliminare completamente con i farmaci il virus dall’organismo. «Siamo arrivati a un tetto nella lotta alla malattia – dice Guido Silvestri, della Pennsylvania School of Medicine a Philadelphia un ricercatore italiano fra i più stimati negli Stati Uniti – per questo è indispensabile percorrere nuove strade». E un altro guru della ricerca mondiale, Anthony Fauci dei National Health Institutes americani, ricorda che, nonostante con i farmaci siano state salvate, a partire dagli anni Novanta, tre milioni di anni di vita ai pazienti negli Usa, il continuo aumento delle resistenze impone lo studio di molecole innovative capaci di vincerle. Gli italiani ci provano.

Fonte: Corriere della Sera