Per tre quarti bagnata dal mare eppure siccitosa. Vanta la concentrazione più alta di tesori al mondo, ma gli occupati nel settore della cultura sono meno di un terzo del necessario. Patria della dieta Mediterranea, la migliore al mondo, fa fatturati da record solo con i fast food d’importazione.

Eccola, l’Italia dei grandi paradossi. L’eccentrica, decadente, incoerente Grande Bellezza tricolore che è facile amare e odiare contemporaneamente e con la stessa intensità.

Tra i tanti paradossi dell’Italia ce n’è uno silenzioso, che rischia però davvero di cambiare in pochi anni la demografia del Bel Paese.

è il paradosso dei pancioni: sempre meno sono le mamme italiane, sempre di più quelle che non vorrebbero il bebè che portano in grembo.

Gli ultimi dati Istat rivelano che  se da un lato il tasso di natalità nazionale continua annualmente a calare (nel 2017 si è raggiunta la cifra record del 7,7‰, mai toccata dal dopoguerra in poi), dall’altro aumenta il numero di gravidanze indesiderate: 1 gravidanza su 4 in Italia non è voluta. Le cause? Presto dette: l’assoluta ignoranza in materia di contraccezione e un utilizzo degli strumenti di contraccezione ormai calato sotto il 14%.

I dati sono quelli diffusi a Milano dai massimi esperti del settore durante il Congresso nazionale SIC – Società Italiana della Contraccezione, che da dieci anni riunisce ginecologi, endocrinologi, urologi, medici di medicina generale e ostetriche, per parlare di contraccezione, sessualità, salute e benessere della donna.

La contraccezione, questa sconosciuta

Lo scenario emerso durante il congresso appena terminato a Milano è particolarmente significativo. Sebbene il tasso di abortività sia calato al 6,5%,  l’Italia si colloca agli ultimi nella classifica dei principali Paesi europei in quanto a contraccezione.

La diffusione dei metodi contraccettivi è a macchia di leopardo: al Nord si attesta al 18%, al centro al 13% e al sud al 7,6%. Peggio di tutti fanno Campania, Basilicata e Molise, dove appena il 6% della popolazione conosce e utilizza un qualsiasi metodo contraccettivo. Meglio Lombardia (al 19%) e Sardegna, che sorprende ancora una volta con un dato in controtendenza rispetto al disastroso trend nazionale: quasi il 30% dei sardi, difatti, utilizza un metodo contraccettivo abitualmente.

C’è di più. Non solo gli italiani non usano un contraccettivo, ma non sanno nemmeno calcolare i giorni fertili. Cause che portano alla pessima percentuale di 1 gravidanza indesiderata ogni 4. Il 50% di queste si conclude con una interruzione volontaria di gravidanza.

Serve abbattere i tabù

Non è l’informazione che non circola nelle reti informali, hanno spiegato gli studiosi nel corso del SIC, ma la scarsa consapevolezza dell’importanza assoluta di tenersi informati. I troppi tabù nell’ambito della scuola, della chiesa , della famiglia, costituiscono barriere contro la contraccezione. E così, dopo “prime volte” in cui i giovani sperimentano a casaccio metodi contraccettivi sbagliati, scoraggiati e imbarazzati mollano la presa, affidandosi a pillole del giorno dopo senza coscienza delle conseguenze di un’assunzione ripetuta e non solo emergenziale.

«Diventa sempre più necessario, – dichiara il presidente della SIC, professor Antonio Cianci –  stabilire un rapporto di fiducia tra medico (il ginecologo è la figura di riferimento nel momento della scelta) e donna per contrastare i pregiudizi sui metodi contraccettivi e rispondere al bisogno di informazione creando quel clima di confidenzialità che permette di conoscere i vantaggi dell’utilizzo di determinati tipi di contraccettivi. La nostra Società scientifica si propone ancora una volta come punto di riferimento per tutte le donne che vogliono proteggere la propria salute e la propria fertilità vivendo in pienezza e sicurezza la propria sessualità».