La prima volta a 16 anni. I giovani sono assolutamente impreparati, ma lo fanno con il preservativo. Poi, col passare degli anni, abbandonano il buon vecchio condom e imboccano quella che chiamano la “strada della libertà”: pillola (96,61%) o spirale (88,93%), pur consapevoli che non offriranno alcuna protezione dalle malattie sessualmente trasmesse.

Eccoli, i giovani italiani, ritratti dal Ministero della Salute e della Federazione Italiana Sessuologia Scientifica, in una doppia indagine che viene pubblicata tra la terza Giornata mondiale sulla salute riproduttiva (celebrata il 22 settembre) e la quinta Settimana italiana del benessere sessuale (1-6 ottobre 2018).

10 giovani su cento continuano ostinatamente a non voler utilizzare né metodi contraccettivi né protezioni dalle malattie sessualmente trasmesse, convinti che basti scegliere il partner giusto per scamparla più o meno sempre. Puntualmente, per loro, qualcosa va’ storto.  Se in 77 ragazzi su 100 si affidano al preservativo (un dato per fortuna in crescita rispetto al passato) c’è un 26% di giovani italiani convinto ancora che il coito interrotto o l’astinenza programmata siano i metodi migliori perché “naturali” ed economici. I metodi, basati sul calcolo delle probabilità, sono però talmente imperfetti, da risultare tra i migliori per rimanere incinta quando si tenta di scongiurarla.

Il vero problema, secondo le due indagini, è che di sesso in famiglia non si parla e a scuola l’argomento è vietato, al punto che, seppure ci si provi da anni, tutti i tentativi di installare distributori automatici di profilattici, sono falliti. Né docenti, né istituzioni, né leggi né petizioni di studenti hanno mai funzionato.

Eppure il 94% degli intervistati si aspetta che proprio la scuola possa diventare un punto di riferimento in grado di garantire l’informazione su sessualità e riproduzione. La maggior parte dei ragazzi vorrebbe che a parlare di sessualità fosse personale specializzato (62%) piuttosto che i professori (scelti solo dal 22% dei partecipanti all’indagine). mentre solo la minoranza vorrebbe informazioni dai professori (22%), convinti che la prevenzione non possa essere una materia che si studia sui banchi di scuola “per prendere buoni voti” e che vada personalizzata come non può accadere per la storia, la geografia o la matematica.