Venticinque anni fa ci ha lasciato uno dei più grandi artisti di strada degli anni ottanta, dedito al graffitismo e amante della “Popular Art”, Keith Haring è morto a 32 anni il 16 febbraio 1990 malato di AIDS. Nato il 4 maggio 1958 la sua passione per l’arte nasce ammirando il padre disegnatore di fumetti e di cartoni animati.
Ciò che ha sempre contraddistinto la sua arte è stato il desiderio di parlare alla gente attraverso i suoi disegni affermando che: <<L’arte è per tutti, e questo è il fine per cui voglio lavorare>>. I suoi graffiti semplici trasferiscono valori come felicità, amore, amicizia e unità, motivo per il quale cui rifiuta per anni di collaborare con i galleristi della “grande mela” preferendo la realizzazione del famoso “Pop Shop”, un negozio al dettaglio che regala ancora oggi la possibilità di acquistare ed ammirare i suoi disegni attraverso gadget di vario genere.
Intenzionato a rimanere un’artista popolare e grande sostenitore del suo pubblico, Keith Haring utilizza come tela i muri delle metropolitane e dei palazzi di tutto il mondo, partecipa a iniziative sociali. A tal proposito, ricordiamo la collaborazione con Andy Warrol e altri artisti non meno importanti, per il progetto “Terrae Motus”, una rassegna artistica in favore dei bambini terremotati dell’Irpinia.
Ma non finisce qui, Keith Harring ha girato l’Italia lasciando la sua firma in tutte le città che visitava, tra le tante, fondamentale è Pisa. In questa città ha dipinto “Tuttomondo”, un enorme murale realizzato sulla parete esterna della canonica della chiesa di Sant’Antonio Abate, ultima traccia in tutto il mondo di Haring prima di morire a causa dell’AIDS.

Lo stilista Fiorucci lo ricorda per la sua spontaneità e impulsività nel disegnare senza freno e senza bozzetto le pareti del suo negozio a Milano, 24h lavorative ininterrottamente in cui diede ancora una volta ai suoi fan, la possibilità di ammirarlo.
Nonostante sia morto prematuramente, i disegni di questo giovane e dinamico artista sono stati utilizzati davvero per tutto specialmente per inviare messaggi universali quali amore e unione fra popoli. D’altronde il fine di Keith Haring era proprio questo, sentirsi parte della collettività e trasformando l’arte in linguaggio universale.
Un esempio sono anche i masturbatori Tenga che per quanto possa sembrare un’oscenità, si rammenta che l’artista è morto a causa del virus dell’HIV e, per tanto, lo si ricorda anche attraverso giochi sessuali, non può che essere una buona pubblicità per il sesso sicuro.
Nascondersi e fingere che l’erotismo si fermi alla coppia sposata etero o alla posizione del missionario sotto le coperte, non debellerà il virus dell’HIV.