Negli ultimi giorni sta circolando una notizia che ha acceso il dibattito internazionale: la Cina introdurrà una tassa sui preservativi e su altri contraccettivi.
La misura, che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2026, nasce con un obiettivo preciso: contrastare il forte calo delle nascite che il Paese sta registrando da diversi anni.
Dopo oltre trent’anni di esenzione fiscale, i preservativi saranno soggetti a un’IVA del 13%, segnando un netto cambio di direzione rispetto alle politiche del passato, quando il controllo delle nascite era fortemente incentivato.
Perché la Cina tassa i preservativi?
La Cina sta affrontando una crisi demografica senza precedenti: meno nascite, popolazione sempre più anziana e giovani che rimandano o rinunciano del tutto all’idea di avere figli.
Negli ultimi anni il governo ha già introdotto incentivi economici, bonus familiari e misure di sostegno alla genitorialità. La tassazione dei contraccettivi si inserisce in questo nuovo approccio, che punta a ridurre indirettamente l’uso dei metodi anticoncezionali.
Una scelta che fa discutere
La decisione ha sollevato numerose critiche, soprattutto per quanto riguarda la salute sessuale e la prevenzione delle infezioni sessualmente trasmissibili.
Molti temono che l’aumento dei prezzi possa rendere i preservativi meno accessibili, in particolare per i giovani, con conseguenze negative sulla prevenzione di HIV e altre IST.
Ed è proprio qui che il tema si fa più delicato: il preservativo non è solo un contraccettivo, ma uno strumento fondamentale di protezione e consapevolezza.
Prevenzione e libertà di scelta
Su comodo.it parliamo spesso di sessualità informata e responsabile. Le politiche demografiche possono cambiare, ma una cosa resta certa: la prevenzione non dovrebbe mai diventare un lusso.
Informazione, accessibilità e libertà di scelta sono alla base di una vita sessuale serena. Ed è da qui che passa il vero benessere, individuale e collettivo.








