L’Aids può essere bloccato e la strada è il vaccino. Per la prima volta un esperimento condotto su un campione significativo di adulti ha dimostrato che un certo effetto di protezione, limitato ma misurabile, può essere raggiunto grazie a un farmaco iniettato. E’ ancora lontano il giorno della scoperta del vaccino che porterà alla eliminazione dell’infezione, ma la tappa di ieri è rilevante. Per Anthony S. Fauci, il direttore dell’Istituto Nazionale delle allergie e delle malattie infettive che ha finanziato parte della ricerca durata sei anni, i risultati sono una pietra miliare. «Concettualmente, ora sappiamo che un vaccino è possibile. Non dico che quello finale sarà simile al vaccino utilizzato nel test – ha detto in una conferenza stampa – ma ora so che può essere creato».

L’annuncio del test del vaccino, noto come RV 144, è stato fatto in Thailandia dai partner della ricerca, la più massiccia condotta sull’Aids: l’esercito degli Usa, il ministero thailandese della Salute, l’istituto diretto da Fauci, e le due case farmaceutiche che sono titolari del brevetto delle due parti del vaccino, che non è stato ancora coperto con una specifica licenza né prodotto su larga scala. Una componente, Alvac, è realizzata dall’istituto Sanofi Pasteur, e l’altra, AidsVax, dalla Global Solutions for Infectious Diseases. I ricercatori hanno confezionato il vaccino, una mistura complessa in sei punture, basandosi sulle configurazioni di Hiv che circolano nel Sud-Est asiatico: non si può dunque affermare se avrebbe avuto effetti comparabili partendo da stirpi diverse dell’infezione.

Lo studio è stato condotto in due province della Thailandia tra oltre 16 mila volontari: per il 40% donne, in maggioranza dipendenti di fabbriche e di aziende commerciali impegnate nelle spedizioni di merci. A tutti i partecipanti al test sono state date lezioni su come evitare l’infezione Hiv, in primo luogo utilizzando i preservativi.

Nel campione erano presenti pochi gay o persone abituate all’assunzione di droghe, i due gruppi che costituiscono la gran parte degli infetti Hiv in Nord America e in Europa. In Africa e nella maggioranza dei Paesi asiatici, invece, il canale più rilevante della diffusione del virus è il rapporto eterosessuale.

Nel test, con una distribuzione casuale, a 8197 soggetti era stato somministrato il vaccino, mentre a 8198 erano state fatte punture placebo. Nei primi tre anni di «cura», contro i 74 casi di insorgenza del virus tra chi aveva avuto iniezioni «finte», ci sono stati solo 51 infetti tra coloro effettivamente vaccinati. La differenza di 23 casi tra le due famiglie di soggetti testati su 16 mila analizzati appare sufficientemente significativa, anche se non può essere esclusa del tutto la mano del caso. I dati della ricerca, i cui dettagli saranno oggetto di un’ulteriore presentazione tra qualche mese a Parigi, mostrano per ora che l’efficacia del vaccino si è manifestata in un terzo dei casi (il 31,2%). Fauci ha detto che gli scienziati raramente pensano di brevettare un vaccino che ha meno del 70%-80% di validità, ma ha precisato che, «avendo ottenuto un prodotto che è parzialmente protettivo, vogliamo guardare meglio dentro ai campioni del sangue e scoprire quale risposta ha avuto efficacia e indirizzare la futura ricerca a partire da qui».

 

Fonte: lastampa.it