Trasmissione per via sessuale

La via più comune di trasmissione dell’Hiv è quella sessuale, senza differenze tra omosessuali ed eterosessuali.

Tale trasmissione avviene attraverso il contatto tra liquidi biologici infetti (secrezioni vaginali, liquido pre-eiaculatorio, sperma, sangue) e mucose, anche integre, durante i rapporti sessuali non protetti. Per questo è fondamentale attenersi alle regole del safer sex.

Ovviamente, tutte le pratiche sessuali che favoriscono lesioni o traumi delle mucose possono provocare un aumento del rischio di trasmissione. Soprattutto i rapporti anali sono a rischio poiché la mucosa rettale è particolarmente permissiva al passaggio dell’Hiv per via della sua relativa fragilità e delle condizioni infiammatorie che possono interessarla.

Anche i rapporti di penetrazione vaginale sono a rischio. La trasmissione sessuale dell’Hiv da soggetti di sesso maschile alle proprie partner sessuali è più frequente di quella da femmine a maschi.

I rapporti orali (fellatio e cunnilingus), infine, non possono essere considerati sesso sicuro e numerosi studi lo hanno recentemente dimostrato. Il virus dell’Hiv, infatti, può essere presente nello sperma o nelle secrezioni cervico-vaginali di soggetti infetti. Va detto, tuttavia, che il rischio derivante dal sesso orale è molto più basso di quello derivante dal sesso non protetto anale o vaginale. Una carica virale molto elevata, una malattia a trasmissione sessuale non trattata, l’eiaculazione nella bocca del partner, la presenza di tagli o lesioni nella cavità orale sono tutti fattori che incrementano il pericolo di infezione.

Le regole per proteggersi nei rapporti orali sono:

  1. Evitare di prendere in bocca e d’inghiottire lo sperma nei rapporti orali;
  2. Evitare il rapporto orale con la donna in presenza di mestruazioni;
  3. Usare il preservativo o gli Oral dam (lenzuolini protettivi).

Anche pratiche sessuali come l’anilingus (stimolazione dell’ano con la lingua), il fisting (penetrazione dell’ano o della vagina con il pugno) e la golden shower o pioggia dorata (l’urinare addosso o nella bocca del partner) possono potenzialmente esporre al contagio.

Rapporti eterosessuali

Nelle avventure di una notte o in vacanza è importante utilizzare sempre il preservativo nei rapporti con penetrazione. Anche nelle relazioni appena cominciate è consigliabile seguire le regole del safer sex per almeno tre mesi, per poi sottoporsi ad un test degli anticorpi Hiv. Se, in seguito al test, entrambi i partner si riveleranno sieronegativi potranno anche rinunciare all’uso del preservativo (ovviamente se sicuri della reciproca fedeltà), almeno ai fini della prevenzione di malattie sessualmente trasmissibili. Tuttavia, se uno dei due partner non ha la certezza che l’altro sia fedele o che rispetti sempre le regole del safer sex nei contatti esterni, deve insistere sull’uso delle precauzioni anche nel rapporto di coppia. Particolare cautela è poi richiesta quando una delle persone coinvolte si inietta sostanze stupefacenti.

Rapporti omosessuali

Negli ambienti gay, dove il cambio di partner sessuali avviene con maggiore frequenza, il contagio da Hiv è molto più diffuso di quanto non sia negli ambienti eterosessuali. Pertanto anche nei rapporti tra uomini è necessario l’uso del preservativo. Pure eiaculare nella bocca del partner è una pratica a rischio di contagio, ragion per cui è consigliabile l’uso del condom anche durante il sesso orale (il che vale, naturalmente, anche per i rapporti eterosessuali).

Nei rapporti sessuali tra donne il rischio di contagio è sicuramente più basso, ma esiste. Le donne dovrebbero astenersi dai rapporti orali durante le mestruazioni o utilizzare il dental dam.

Il pericolo c’è anche se le donne strofinano tra loro i rispettivi genitali durante le mestruazioni o se si scambiano sex toys. Importante vie di trasmissione del virus per le donne lesbiche o bisessuali sono, inoltre, i rapporti sessuali non protetti con uomini e il consumo di droghe. Anche in questi casi ci si deve proteggere mediante le regole di safer sex e safer use.

Uso di sex toys

Un’altra via di trasmissione del virus HIV può essere lo scambio di giochi erotici quali dildi, plug anali, vibratori ecc. Le secrezioni rettali e vaginali si depositano sulla superficie trasmettendo l’infezione da persona a persona, motivo per il quale è opportuno proteggere e utilizzare i sex toys con un preservativo evitando in ogni caso lo scambio dello stesso.

Trasmissione per via ematica

Aids e tossicodipendenza

Sin dal 1981, con l’inizio dell’epidemia di Aids negli Stati Uniti, si notò che la malattia si stava diffondendo anche tra i tossicodipendenti. Infezioni identiche a quelle emergenti fra gli omosessuali, infatti, furono diagnosticate in persone che utilizzavano droghe per via endovenosa.

Il virus dell’Hiv fu isolato dalle siringhe e dagli aghi contaminati con sangue che rimaneva all’interno delle stesse in piccole quantità. Prima dell’Aids lo scambio di siringhe tra tossicodipendenti era quasi un rito, che sanciva, in qualche modo, una maggiore unità tra i membri del gruppo. In seguito a queste scoperte, però, si è dato il via a una campagna di prevenzione e riduzione della diffusione del virus.

A ogni modo è bene ricordare che il rischio di infezione da Hiv è molto elevato per coloro che si servono di un ago e/o una siringa già utilizzati da altre persone. In questo modo, infatti, il sangue infetto può penetrare direttamente nel circuito sanguigno. Il pericolo di contagio esiste anche quando si condividono altri strumenti per l’iniezione come cucchiaio, filtro e ovatta.

Le trasfusioni di sangue

Negli anni Ottanta numerosissimi pazienti sottoposti a trasfusioni di sangue furono contaminati dal virus dell’Aids e il 74% dei soggetti emofiliaci, che assumevano il fattore VIII (fattore di coagulazione concentrato), divenne sieropositivo. Ciò fece alzare il livello di guardia sui farmaci emoderivati e soprattutto sui preparati di sangue intero.

A partire dal 1995 lo screening delle unità di sangue, con la conseguente eliminazione di quelle risultate positive, il ricorso all’autotrasfusione, il trattamento con calore degli emoderivati e la selezione dei donatori, esclusi quelli con comportamenti a rischio, hanno ridotto di molto il pericolo di contagio attraverso le trasfusioni e il trapianto di organi.

A volte, però, chi decide di donare gli organi non sa di essere sieropositivo. Lo scorso febbraio (2007) in un ospedale di Firenze sono stati impiantati, su tre pazienti toscani, fegato e reni di una donna di 41 anni sieropositiva.

All’origine dell’incidente, giudicato dai sanitari “un evento estremamente grave”, vi sarebbe l’errore di trascrizione di un dirigente biologo del laboratorio di analisi dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Careggi, che ha riportato il risultato fornito dal macchinario utilizzato per l’esame del sangue da positivo in negativo al virus Hiv. Si è trattato di un caso limite, per fortuna l’unico da quando si effettuano trapianti in Italia.

Come evitare il contagio per via ematica

  1. Utilizzare siringhe sterili e monouso
  2. Per chi fa uso di droghe endovenose e consigliabile non condividere siringhe, ovatta, filtro e cucchiaino con altri tossicodipendenti
  3. Se ci si sottopone ad agopuntura, mesoterapia, piercing e tatuaggi, pretendere l’uso di aghi monouso e sterili
  4. Non usare in comune oggetti che possono venire a contatto col sangue, come spazzolini da denti, rasoi, forbici.

Trasmissione verticale e perinatale (da madre a figlio)

La trasmissione dalla madre sieropositiva al feto o al neonato può avvenire durante la gravidanza, il parto o l’allattamento al seno. Una donna sieropositiva su cinque corre il rischio di trasmettere l’infezione al feto.

Oggi, però, è possibile ridurre questo rischio se alla madre viene somministrata la terapia antiretrovirale durante la gravidanza e al neonato nel primo periodo di vita.

I farmaci antiretrovirali agiscono in due modi. In primo luogo riducono la carica virale, cosicché il bambino è meno esposto all’infezione da Hiv sia nell’utero che durante il parto. In secondo luogo i farmaci possono attraversare la placenta e penetrare nel corpo del bambino, impedendo che il virus vi si insedi. Inoltre i bambini nati da madri di cui è nota la positività al virus Hiv devono essere sottoposti alla terapia durante le prime sei settimane di vita.

Oltre all’assunzione di farmaci anti-Hiv anche il ricorso al parto cesareo prima che inizino le contrazioni e l’uso di latte artificiale in sostituzione di quello materno contribuiscono a ridurre il rischio di trasmissione del virus da madre a figlio.

Il test Hiv, effettuato sul sangue di un bambino nato da una donna sieropositiva, è sempre positivo. Fino al diciottesimo mese di vita, al più tardi fino ai due anni, i neonati hanno nel sangue gli anticorpi materni, pertanto non riescono a difendersi dalla malattia e risultano sieropositivi. Solo pochi neonati sieropositivi, però, rimarranno sieropositivi per sempre.

Il bambino viene sottoposto a test supplementari per verificare se è veramente portatore del virus o se ha ricevuto solo gli anticorpi materni.