«La conferenza non finisce oggi. Inizia oggi». È la dichiarazione conclusiva e ottimista di Pedro Cahn, co-presidente della Conferenza mondiale per l’Hiv/Aids, che ha riunito 22 mila tra ricercatori, politici e operatori del settore per i sei giorni di lavori a Città del Messico. «I suoi effetti – ha continuato Cahn – cominciano ora che ciascuno di noi metterà pressione sui governi e sugli organismi internazionali perché mantengano le promesse fatte».

In realtà, secondo molte organizzazioni non governative, la conferenza si è conclusa senza un piano concreto per garantire l’accesso universale ai farmaci antiretrovirali. Oxfam parla di vero e proprio fallimento e denuncia le “manovre legali” delle multinazionali del farmaco per restringere l’accesso ai farmaci essenziali generici. Mancano inoltre i finanziamenti per una vera prevenzione, ma soprattutto manca la possibilità di curare i sieropositivi che potrebbero salvarsi con opportune terapie.

Ecco una carrellata delle tematiche più significative affrontate nel corso della giornata conclusiva.

Diritti umani

«L’accesso universale ai trattamenti non sarà mai totale senza diritti umani, perché la disuguaglianza di genere verso le donne, le più vulnerabili all’Aids, e i diritti e le necessità di bambini e giovani sono stati largamente ignorati nella risposta alla sindrome». Ad affermarlo sono 500 organizzazioni della società civile di tutto il mondo in un appello presentato alla Conferenza e intitolato “Diritti umani e sida/aids: ora più che mai”. Almeno 66 paesi nel mondo continuano a imporre restrizioni all’ingresso nel loro territorio di portatori di virus dell’immunodeficienza umana, hanno ricordato i promotori dell’iniziativa.

Donne

Sono almeno 15 milioni nel mondo le donne colpite dal virus dell’immunodeficienza umana. Di queste, circa due milioni restano incinte ogni anno. «Il 75% è di età compresa tra i 15 e i 24 anni», ha precisato Stephen Lewis, inviato speciale delle Nazioni Unite per l’Aids in Africa. C’è bisogno anche di tanta informazione e della diffusione di strumenti che possano difendere le donne dal contagio, che per il 90% avviene attraverso il partner. Oxfam si batte da tempo per la diffusione del profilattico femminile, capace di evitare il contagio di malattie sessualmente trasmissibili.

Stigma sociale

Si è parlato anche di stigma sociale. A questo proposito il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, ha affermato: «Nella maggior parte dei paesi lo stigma contro le persone che vivono con l’Hiv resta una grave sfida. Un terzo dei paesi ancora non ha leggi che proteggono le persone che vivono con l’Hiv. Nella maggior parte dei paesi, la discriminazione è ancora legale contro le donne, gli uomini che fanno sesso con altri uomini, i sex workers, chi fa uso di droghe e le minoranze etniche. Questo deve cambiare. Chiedo a tutti i paesi di essere all’altezza degli impegni che hanno preso per mettere in atto e far rispettare norme che pongano fuorilegge le discriminazioni contro le persone che vivono con l’Hiv e i componenti di gruppi vulnerabili. Chiedo loro di seguire il coraggioso esempio del Messico e approvare leggi contro l’omofobia».

Bambini

C’è una categoria duramente colpita dalla malattia e dalla quale non si può neppure difendere da sola. «Abbiamo giocato sporco con i bambini, troppo piccoli per essere contati e per meritare attenzione», ha denunciato Linda Richter, direttrice dell’ufficio per lo Sviluppo dell’infanzia, la gioventù e la famiglia del Consiglio di investigazioni in scienze umane del Sudafrica. «Attualmente – ha proseguito – viene curato con i farmaci antiretrovirali solo il 10% dei bambini bisognosi. I più piccoli continuano ad avere meno accesso ai trattamenti che gli adulti». Nell’Africa Subsahariana si concentra il 90% dei bambini colpiti dall’Aids. Il loro numero è aumentato di otto volte dal 1990 e, nello stesso lasso di tempo, si sono triplicati i decessi e i nuovi contagi.

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Povertà

Tra gli interventi conclusivi a Città del Messico è stato evidenziato tra l’altro che dall’Africa, all’America Latina, all’Asia, uno dei principali alleati della sindrome da immunodeficienza acquisita nel Sud del Mondo resta la povertà. «Milioni di persone che vivono con il virus non hanno ancora accesso a un’alimentazione adeguata e la mancanza di cibo impedisce anche di beneficiare al massimo del potenziale dei trattamenti», ha detto Jayne C. Adams, consigliere dei progetti contro il sida/aids del Programma alimentare mondiale dell’Onu (Pam/Wfp).

Programmi specifici

Alex Coutinho, medico presso l’Istituto di malattie infettive dell’Università di Makerere (Uganda), ha sottolineato la necessità di programmi specifici per fronteggiare la pandemia nelle zone rurali e di difficile accesso, e per aiutare le popolazioni più emarginate e a rischio, come i migranti. Ma ha anche sollecitato un maggiore coinvolgimento nella prevenzione delle stesse persone affette da Hiv, che possano agire da catalizzatori di cambiamento, sottolineando che il modo migliore per sostenere gli orfani dell’Aids è mantenere in vita i loro genitori.

Ammonta complessivamente a 6,4 miliardi di dollari la richiesta da parte di 97 paesi in via di sviluppo al Fondo globale per l’Hiv. La cifra, presentata a chiusura della conferenza di Città del Messico, indica quanto sia difficile la sfida che immediatamente si dovrà affrontare per raggiungere l’obiettivo delle cure per tutti nel 2010. Tuttavia per gli esperti è anche indice del fatto che molti paesi stanno cercando di estendere a un maggior numero di persone cure e prevenzione per contrastare l’Aids.

Farmaci

Raffaella Ravinetto, presidente di Medici senza frontiere Italia, ha dichiarato: «Se tutti prendessero i farmaci, la lotta all’Aids farebbe passi da gigante. Prima era un’ipotesi, adesso è stata data la dimostrazione scientifica, dati alla mano, che l’accesso da parte di tutti i malati alla copertura antiretrovirale farebbe crollare i casi di infezione del 60%». Insomma, i farmaci antiretrovirali sembrano essere un vero e proprio strumento di prevenzione e non più una semplice “cronicizzazione” della malattia.

Il problema non sono dunque i farmaci ma l’accesso alle cure. Le vittime colpite dal virus, nella stragrande maggioranza, sono infatti i poveri dei paesi del Sud del mondo, in particolare l’Africa, dove il potere del farmaco si ferma di fronte a quello dei brevetti delle multinazionali. Come denunciato da Medici senza frontiere, se da un lato il costo per l’accesso ai farmaci antiretrovirali è troppo elevato per essere sostenuto dai servizi pubblici nazionali dei paesi poveri, dall’altro il costo proibitivo dei brevetti impedisce ai paesi poveri di produrre farmaci generici, imponendo ai malati un impossibile aut-aut: o farmaci “di marca” o niente.