Possibile nel 2022 morire ancora per il contagio di AIDS? Si, purtroppo. Quello che è accaduto ad una giovane donna deceduta perché ignara del fatto che il compagno le avesse trasmesso il virus.

Nei giorni scorsi, la Corte d’assise di Messina ha condannato a 22 anni Luigi De Domenico per l’accusa di aver trasmesso l’Aids alla sua compagna senza averle mai confessato di essere sierpositivo. La donna completamente ignara dell’accaduto morì, anni dopo senza aver avuto la possibilità di ricevere cure adeguate. Mentre con un altro processo sono stati condannati tre medici, che la donna avrebbe consultato, accusati di non aver disposto specifici test alla donna.

L’uomo ha avuto anche un figlio dalla compagna ma seppur a conoscenza delle gravi condizioni della sua ex compagna e del disorientamento dei medici non ha mai voluto confessare di essere sieropositivo e di averla contagiata. Ad aggravare il fatto è la sua insistenza nel chiedere alla donna di curarsi con soli integratori.

Nell’inchiesta sono emerse anche presunte responsabilità dei medici che avevano avuto in cura la vittima nel 2015 e che, nonostante i sintomi collegabili all’Hiv, hanno accertato i sintomi quando ormai era troppo tardi.

Nel 2022 quali sono le misure preventive per la lotta all’HIV?

Proseguono intanto le campagne di prevenzione e le iniziative per la lotta all’AIDS in tutta Italia. Con il dilagarsi dell’epidemia di Covid-19 le attività di screening, diagnosi e cura per l’HIV hanno subito un netto rallentamento. Una stima di questi due anni di pandemia, mette in luce che si è ridotta al 50% la percentuale di test HIV effettuati e notevoli ritardi nell’accesso ai servizi sanitari per visite e consulti.

Ricordiamo che ben 31 anni fa entrò in vigore la legge n. 135 del 5 giugno 1990, con cui veniva disposto un “Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l’AIDS”. E se questo ha rappresentato un passo fondamentale per ridurre la diffusione delle infezioni da HIV, e garantire assistenza alle persone affette da AIDS e tutelare i diritti delle persone HIV positive in Italia. Tuttavia rimangono ancora enormi lacune nel sistema socio-sanitario e questioni irrisolte che portano ancora oggi al persistere della diffusione dell’infezione.

Attualmente, un passo avanti nella prevenzione all’AIDS è stato fatto con l’elaborazione di una piattaforma HIV Regional Policy (HRP) reporting. Una piattaforma che include tutte le regioni italiane e che offre la possibilità di consultare informazioni e news legate riguardanti la possibilità ad accedere a fondi pubblici e privati nazionali e internazionali. Al suo interno sarà possibile verificare le azioni delle Associazioni di pazienti, e dai Comuni Italiani.

Per contrastare la diffusione del virus dell’ HIV, la legge autorizzava la messa in atto di una serie di interventi nell’ambito dell’apposito Piano ministeriale predisposto dalla Commissione nazionale per la lotta contro l’AIDS. Ma soltanto nel 2017 la Conferenza Stato-Regioni ha sancito l’intesa sul “Piano nazionale di interventi contro HIV e AIDS (PNAIDS)” al fine di trovare il miglior percorso atto a raggiungere gli obiettivi prioritari delineati dalle agenzie internazionali (ECDC, UNAIDS, OMS), di durata pluriennale e mirati alla prevenzione, all’informazione, alla ricerca, all’assistenza e alla cura.

Il piano d’azione ha inizialmente ottenuto la stabilizzazione del numero di nuove infezioni da HIV, negli ultimi anni. Si contano circa 110.000-150.000 persone che convivono con l’HIV. Nella maggioranza dei casi si tratta di pazienti che hanno già ricevuto una diagnosi, e stanno effettuando una terapia antiretrovirale (ART) con una carica virale molto bassa. L’epidemia, tuttavia, non sembra arrivare alla fine. E come nel caso della donna, vi sono ancora casi in cui le infezioni da HIV non vengono diagnosticate o diagnosticate troppo tardi. Ma l’emergenza sanitaria da Covid-19 sta rallentando le attività di screening, diagnosi e cura del sommerso per l’HIV.