Altro che segnali di apertura. La Chiesa filippina non ne vuol proprio sapere di concedere una possibilità al preservativo. E la conferma arriva dalla manifestazione nazionale che le locali gerarchie cattoliche hanno organizzato per protestare contro la proposta del governo di adottare metodi di pianificazione familiare.

Preti, suore e altri fedeli sfileranno domani per le principali città del paese, intonando canti e invocazioni «in difesa della vita». Ad annunciarlo è il segretario esecutivo della Commissione episcopale per la famiglia e per la vita, Melvin Castro, che ribadisce come ogni forma di controllo delle nascite sia da equiparare all’aborto (la cui legalizzazione è pure al vaglio del parlamento in questi giorni).

Il tutto mentre il presidente della Conferenza episcopale filippina, monsignor Angel Lagdameo (foto), invita i vescovi a «bandire dal sacramento della comunione tutti i politici che sostengono i metodi di pianificazione familiare».

I leader politici di fede cattolica non appoggiano apertamente le riforme, ma alcuni di loro sono favorevoli a una maggiore diffusione dell’educazione sessuale nelle scuole e alluso dei contraccettivi. Questa posizione, secondo i vertici della Chiesa filippina, minaccerebbe soprattutto i giovani dei villaggi rurali, inducendoli a credere che il preservativo li metta al riparo da qualsiasi rischio e incoraggiandoli così alla promiscuità e al sesso libero. «Il rischio, precisa Fernando Cavalla, arcivescovo di Davao, è che il libero accesso ai metodi di contraccezione e la campagna volta alla pianificazione familiare comportino un aumento esponenziale dei casi di aborto».