Sono 30 milioni nel mondo e sono cresciuti di oltre il 5% negli ultimi 5 anni eppure da sempre sono ‘invisibili’. Se non fosse stato per il Premio Pulitzer vinto da Jeffrey Eugenides con Middlesex nel 2003 nemmeno forse ne avremmo mai sentito parlare.

La letteratura li definiva erroneamente ermafroditi, figli del dio Ermes e della ninfa Afrodite nati con tratti di entrambi i sessi. Oggi, i bimbi che nascono con tratti somatici di un sesso e corredo genetico di un altro e che non rispondono alla distinzione binaria uomo/donna, si chiamano intersex.

Sono ragazze bellissime nate con un clitoride molto sviluppato o costrette a radersi la barba, ragazzi a cui nella pubertà cresce il seno, donne, in perfetta salute, prive di canale vaginale e ciclo mensile, uomini (1 su 200) con un pene mignon che, nonostante i suoi 2 o 3 cm, fa tutto quello che dovrebbe.
Per distinguerli dai transessuali, i medici li hanno categorizzati come ‘affetti da DSD, disordini della differenziazione sessuale’, cosa che in realtà, nella disinformazione collettiva, ha solo alimentato la confusione.

L’intersessualità – quell’insieme di variazioni che interessano cromosomi, marker genetici, gonadi, ormoni, organi riproduttivi, genitali e aspetti somatici – non è altro che una delle diverse possibilità fisiologiche dell’essere umano e non un disordine dello sviluppo sessuale.

Proviamo a spiegarlo sfatando alcuni miti.

Quattro bugie sugli intersex

  • Se sei un intersex, si vede

La famosa modella belga Hanne Gaby Odiele lo ha rivelato solo all’età di 29 anni ed adesso è la paladina degli intersex: da bambina ha subito un doppio intervento per estrarre i testicoli ‘di troppo’ e ricostruire la vagina. Dell’atleta Stella Walsh, la centometrista che aveva vinto alle Olimpiadi di Los Angeles del 1932 stabilendo il record del mondo, si seppe solo dopo il brutale assassino ad opera di un rapinatore. Era il 1980 e l’autopsia rivelò che la grande atleta era portatrice di mosaicismo: Stella aveva sia organi sessuali maschili che femminili.

  • L’intersessualità è una malattia e come tale va trattata

L’intersessualità, di per sé, non è una malattia. Genitali cosiddetti ambigui e alterazioni dei caratteri sessuali non compromettono la salute di chi ne è portatore, tanto meno quella di chi ne viene a contatto.
Alcune forme di intersessualità possono essere realmente associate a patologie e squilibri ormonali che vanno trattati. Ma in molti casi, è solo il fatto di non rispondere a canoni estetici comuni, che costringe gli intersex a sottoporsi ad interventi chirurgici invasivi, irreversibili e non necessari. E questi sì che possono rivelarsi dannosi tanto per la salute fisica (spesso sono causa di infertilità) quanto per l’equilibrio mentale di chi li subisce.

  • Gli intersex sono anche bisex e quasi sempre transgender

Gli intersex possono essere eterosessuali o omosessuali, bisessuali o pansessuali, asessuali, queer. Esattamente come tutti.
Quanto all’identità di genere, è questione di fortuna. È possibile che alla nascita, dovendo obbligatoriamente attribuire un sesso al nascituro, medici e genitori abbiano fatto all’anagrafe una scelta sbagliata. In età adulta sarà per questo necessaria una riattribuzione d’intentità. Un percorso burocratico non sempre facile.

  • Gli intersex non possono fare sesso

La vita sessuale degli intersex può non essere particolarmente soddisfacente, per via dello stigma medico e sociale che hanno subito. Mentre i traumi non influiscono sull’orientamento di genere, possono creare imbarazzi per chi soffre di determinate patologie. Ma quanti sono gli intersex felicemente sposati e appagati dalla loro vita di coppia? Stando ai racconti dei fortunati, sono in tanti. E vivono anche bene.

I diritti degli intersex

Gli intersex in Germania sono legalmente riconosciuti e tutelati dal 2013. In Francia il ‘terzo sesso’ ha ottenuto il primo riconoscimento amministrativo con una sentenza nel 2015. In Italia le cose funzionano diversamente: a fronte di una proposta di legge del 2016 per i diritti dei minori intersex, paradossalmente accade ancora che viga il divieto di trattamenti ormonali o chirurgici sui minori, ma che i chirurghi in periodo perinatale impongano ai genitori vere e proprie mutilazioni dei genitali.
Ci sono però realtà che, a titolo di volontariato, si impegnano per i diritti degli intersex e per fermare la pratica degli interventi chirurgici non consensuali. Tra queste l’AISIA – Associazione Italiana Sindrome da Insensibilità Androgeni, molto attiva, fondata nel 2006 da genitori e donne a cui è stata diagnosticata la Sindrome da Insensibilità agli Androgeni e il collettivo Intersexioni, nato nel 2013 per formare, informare e riflettere sulle questioni che riguardano l’intersessualità. Da alcuni anni Intersex, che svolge un’intensa attività online, ha anche un luogo fisico di ritrovo, presso l’ARCI Firenze.