Il TERF rappresenta una branca del femminismo radicale che esclude le donne trans come “vere donne”.
Ma cosa è il TERF e cosa è il femminismo radicale intersezionale?
La maggioranza di noi ha avuto modo di conoscere il “femminismo” e le sue conquiste perle donne, nel corso dei secoli.
Eppure quello che non sappiamo è che il femminismo, nel corso degli anni,ha subito diverse trasformazioni, dividendosi in diverse “ondate” tutte con obiettivi e diverse convinzioni filosofiche.
Oggi assistiamo alla cosiddetta «Terza Ondata», un movimento dalle espressioni pop in cui predomina un femminismo radicale intersezionale, che raggruppa le posizioni di alcune femministe radicali separatiste. La loro ideologia si pone in opposizione alle donne transgender a cui impedirebbero l’accesso a determinati spazi riservati alle donne “biologiche”.
Per alcuni, questo movimento femminista potrebbe essere ricondotto alla transfobia. Per le femministe radicali separatiste, le donne hanno diritto a creare spazi unicamente per loro e “TERF” equivale un po ad un’espressione di scherno , nei confronti delle transgender.
Secondo uno dei principi cardine del movimento Terf: le donne transgender non possono riconoscersi come oggetto di discriminazione di genere, perché sono nate uomini.
La teoria complottista delle TERF vede nell’esistenza delle donne transgender il principio di un complotto da parte del patriarcato, allo scopo di sostituire al genere femminile biologicamente nato come tale un nuovo genere femminile, più docile a farsi da plasmare secondo i desideri dell’uomo. Le stesse trans avrebbero lo scopo di infiltrarsi nel movimento femminista per demolirlo dall’interno.
Il Vero Volto del Movimento Transessuale
Sappiamo tutti che ogni posizione radicale nasconde un po di fanatismo. Così potrebbe essere nel caso dell’esclusione delle donne transgender da parte del femminismo intersezionale.
Conosciamo un volto ben diverso del movimento transgender che da anni lotta per il riconoscimento dei propri diritti. Come ci confermano gli stessi giovani attivisti, che spesso oggi rivendicano a gran voce i propri diritti verso la transazione di genere sempre in contrasto con la burocrazia italiana poco adatta e fortemente limitante per coloro che si accingono ad intraprendere un percorso di coming out.
Rimane anche radicata una visione distorta ed omofoba che tende ad escludere il genere transgender se non addirittura a denigrare chi ne fa parte. Manca un’adeguata formazione che metta in discussione l’ignoranza linguistica di alcuni italiani.
Dovremmo noi, in primo luogo, migliorare il nostro linguaggio quando parliamo di e con altre minoranze di genere ed adottare atteggiamenti empatici, abbandonando definitivamente i falsi preconcetti sul mondo trans.








