Preservativo femminile contro l’Aids. È stato questo l’argomento del meeting sull’Hiv tenutosi recentemente in Sudafrica. Il motivo? Trovare una barriera efficace contro la diffusione del virus, naturalmente.

Qualche numero per spiegare la gravità della situazione: nella comunità di Thulamela, situata a nord del paese, sono circa 32.500 le donne incinte che convivono con l’Hiv; per il 2010, l’anno dei Mondiali di calcio, si prevedono nella stessa zona 58.760 casi di sieropositività; nella regione del Limpopo, che a nord confina con lo Zimbabwe e a est con il Kruger Park, la quantità di gestanti infette supera il 20%, mentre nel 1997 era pari all’8,2%.

A cosa si deve questa progressione? “Stupri o rapporti con partner infetti”, dice il rendiconto di ActionAid, l’organizzazione non governativa internazionale che ha avviato programmi di prevenzione sanitaria e tutela dei diritti delle comunità, con particolare attenzione alle donne. Il report segnala anche scarsa informazione, difficoltà nel far usare il condom agli uomini, luoghi di cura lontani, discriminazioni verso le donne sieropositive negli ospedali, impossibilità di decidere persino della propria salute (“il maschio è capo della casa”), mancanza di indipendenza economica, violenze domestiche.

A dire il vero il Sudafrica ha avviato fin dagli anni Novanta una campagna di distribuzione gratuita del preservativo femminile. Tuttavia, secondo l’organizzazione non governativa Tvep (Thohoyandou Victim Empowerment Programme), il governo avrebbe consegnato pochi pezzi. Inizialmente solo un milione all’anno contro i 40 milioni di profilattici maschili al mese. Nel settembre del 2006 furono invece decisi investimenti per acquistare tre milioni di preservativi femminili. Ora il Piano strategico nazionale fino al 2011 ne prevede sei milioni l’anno.

I dubbi su questo metodo di prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale, però, non mancano. Molte donne sudafricane lo trovano scomodo o poco pratico. Per non parlare degli uomini, che spesso sono i primi a non accettarlo. Ma ActionAid e le altre associazione che lottano per una maggior diffusione del preservativo femminile non arretrano. Si comincerà da scuole, atenei e centri clinici. L’idea e quella di promuovere training pratici per un maggior coinvolgimento della comunità, a cominciare dai più giovani. È questa la sfida sudafricana, prima ancora dei Mondiali.