Il timore di lasciarsi andare, la paura di provare dolore e i mille dubbi su cosa fare. La prima volta, per tutti, lascia il segno.

Nei più giovani, ma anche in chi ha più esperienza in amore e col sesso, la verginità rimane sempre qualcosa di personale e intimo. Se per alcuni non ha molta importanza quando perderla, per altri rimane ancora un momento da vivere con la persona “giusta” rispettando pienamente i propri valori.

Ad ogni modo, la verginità è e rimane un argomento soft e piacevole di cui discutere con i migliori amici.

L’origine
La parola deriva dal latino virginitas e significa “giovane donna”, anche se al termine vengono attribuiti molti significati. In generale, indica la condizione fisica o mentale di una persona che non ha mai avuto rapporti sessuali completi.

La verginità viene certamente considerato un valore morale quando, per motivi sociali o religiosi, il rapporto sessuale viene condannato. E’ un tema importante che ha toccato vari ambiti della storia e si è evoluto nel tempo a seconda dei differenti luoghi e costumi. Psicologicamente e fisicamente è uno stato di integrità che molte donne cercano di tutelare. In occidente, il suo significato è legato alla “prima volta” che si fa l’amore, per molti un’esperienza vissuta con passione, con divertimento, con imbarazzo.

Perdere la verginità: cosa significa?
Perdere la verginità rappresenta un processo di maturazione necessario per la crescita sessuale.

Tecnicamente, una donna è ancora vergine quando l’imene, membrana elastica all’ingresso della vagina, è ancora intatto. Durante il primo rapporto sessuale, e quindi durante la primissima penetrazione, l’uomo introduce il pene nella vagina e rompendo l’imene e causando una lieve fuoriuscita di sangue. L’imene può avere varie forme. Ogni forma differente ha un nome (illustrazione in basso). Può risultare più o meno elastica nel momento in cui avviene la penetrazione o può verificarsi del sanguinamento.

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La verginità maschile
Rispetto alla donna, il maschio ha molte più probabilità di vivere la prima volta con l’ansia da prestazione. Qualcuno dice di vedere il corrispettivo maschile dell’imene nel frenulo, pezzo di pelle che lega il glande al prepuzio.

Secondo le statistiche, l’età media per l’uomo si aggira intorno ai 15-16 anni, più tardi rispetto alle donne (14-15) forse a causa della più lenta maturazione di genere. Ma se alcune donne tengono tantissimo all’aspetto romantico del caso, per l’uomo, soprattutto tra adolescenti, resta comunque un motivo di vanto.

La storia: la verginità prima di noi
In molte culture la verginità femminile è legata all’onore familiare, per cui perderla del matrimonio viene considerata una vergogna.

Nella cultura occidentale cattolica è simboleggiata dall’abito bianco e dal velo nuziale, ma i tempi sono cambiati e, si sa, che oggi la sposa li indossa anche quando non è più vergine. Pensate che non molti anni fa, nel Suditalia, il giorno dopo le nozze si dovevano stendere le lenzuola macchiate di sangue dopo la prima notte a dimostrazione che la sposa fosse illibata. Nella cultura per lo più orientale, l’attività sessuale pre-matrimoniale – a esclusione della penetrazione – è l’unica ammessa per mantenere così una “verginità tecnica”.

L’introduzione, nel 1978, della legge sull’aborto e le discussioni sui metodi contraccettivi anche per la donna, creano scalpore soprattutto per i paesi più cattolici. Oggi, l’uso responsabile dei contraccettivi non ha perso il suo valore e, anzi, ha aiutato diverse coppie a evitare gravidanze indesiderate lontano dal rischio delle malattie sessualmente trasmissibili.

 

La verginità oggi – Lo Studio

A differenza di quanto ci si possa immaginare, molti ragazzi ritengono che la verginità sia un valore che vada condiviso solo con la persona giusta. E’ vero anche che, con il passare degli anni, la percezione della “maturità sessuale” è cambiata insieme allo sviluppo di nuove generazioni, , decisamente molto più libere e precoci rispetto al passato. Eppure, al contrario di quanto si possa pensare, i Millennials (i nati negli anni Novanta ndr) rappresentano la generazione sessualmente meno attiva. Lo dice una ricerca pubblicata sulla rivista Archives of Sexual Behavior, in cui emerge che il primo rapporto arriva anche ai 18 anni.

Lo studio, condotto su un numero totale di 26.707 giovani americani dai 18 ai 14 anni, ha fatto emergere alcune riflessioni e una buona notizia: intanto, i giovani preservano i loro sentimenti, scegliendo di aspettare un po’ più a lungo. Questo però spesso può anche essere causato dalla distrazione del web e dal fenomeno “smartphone”. In più, rispetto ai genitori, si decide di andare a vivere da soli molto più tardi, maggiormente per motivi socio-economici.