Riguardo una nota diffuso dall’Ansa poco fa, davvero non si capisce se l’intento dell’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) riguardo la messa in commercio della pillola dei 5 giorni (ulpistral acetato) sia quello di ottemperare ai suoi obblighi e interviene in ciò che le spetta “quale unico campo d’azione”, ovvero stabilire sul regime di fornitura e la rimborsabilità del farmaco, oppure non tenti di prendere tempo cercando un appiglio per non metterlo in commercio, o se addirittura non pensi di aprire una procedura contro l’Ue chiedendo di rivedere l’autorizzazione di immissione in commercio.

L’ampio dibattito di cui si da notizia circa l’iter in corso all’Aifa sulla commercializzazione in Italia di questo farmaco, già autorizzato dall’Ue, avviene nell’ambito della commissione Aifa dell’area di lavoro cooperativa negoziazione prezzi.  Mi chiedo allora perché in quella sede si pongono dubbi se il farmaco sia contraccettivo o abortivo, chiedendo un’apposita consulenza ad un ginecologo, di cui non si conosce neppure il nome. Non contenti, la stessa commissione apre una nuova questione sull’evenienza che l’uso ripetuto del farmaco possa essere dannoso, esprimendosi così: “L’azione dell’ulipristal – si legge nel documento – va ad alterare la maturazione secretiva dell’endometrio (e quindi lo rende meno funzionale) sia a ritardare l’ovulazione a livello ovarico, causando l’effetto contraccettivo. Pertanto, la Commissione esprime preoccupazione riguardo alle eventuali conseguenze di un uso ripetuto per il quale non si hanno dati disponibili circa la sicurezza e gli eventuali effetti collaterali possibili”.

Ma questo dovrebbe essere già stato appurato in sede europea – chiedendo il parere al Consiglio Superiore della Sanità (Css) sulla compatibilità della normativa vigente in tema di contraccezione (come se ci fosse o ci fosse bisogno di una ulteriore legge pure sugli anticoncezionali) e di interruzione volontaria della gravidanza, che nulla c’entra appurato che il farmaco è appunto un contraccettivo. Infine la beffa: dopo un anno l’Aifa si rende conto che il Css non era operativo in quanto decaduto, e la domanda inviata nel maggio 2010 deve essere rinnovata nel 2011.

Fonte: http://www.radicali.it