Abbattere l’Iva, passando dal 22% al 10% per incentivare l’acquisto dei preservativi da parte dei giovani. Ovvero ribassare il prezzo del condom al banco per fare in modo che tutti vengano invogliati ad usarlo.

È l’idea che il Movimento 5 Stelle sta discutendo in queste ore, tra gli iscritti al movimento sulla Piattaforma Rousseau. Già trasformata in una proposta di legge, che porta la firma del senatore grillino Gaspare Antonio Marinello, l’iniziativa avrebbe un costo che si aggira intorno ai 50 milioni di euro, se entrasse in vigore dal 2019.

L’idea dell’Iva agevolata sui preservativi, materia che entra per la prima volta tra le priorità di un partito, nasce dai dati: prezzi dei preservativi ancora troppo alti, a fronte di un aumento esponenziale delle infezioni sessualmente trasmesse.

Nella top ten dei mali del millennio legati al sesso non protetto ci sono  candida vaginale, clamidia, herpes genitale, Hiv e Aids, papillomavirus umano, trichomonas vaginalis, pediculosi del pube e la sifilide che si pensava abbattuta da decenni. E i più esposti sono proprio loro, i giovani tra 15 e i 24 anni, che, un po’ perché a scuola e in famiglia nessuno ha insegnato loro come e cosa fare, un po’ per troppa spavalderia, trascurano la prevenzione.  L’emergenza sanitaria invece c’è, perché i giovani, così attenti a preoccuparsi di una eventuale gravidanza indesiderata, trascurano invece l’aspetto più drammatico del sesso libero: la possibilità di contrarre non una ma decine di più o meno gravi patologie. E così confondono contraccezione e prevenzione, effetti della pillola e del preservativo (un errore che commettono 18 ragazzi su 100), buttando tutto nel calderone dei “rischi”. Basterebbe invece bombardarli con un messaggio chiave di poche parole: un solo preservativo, correttamente utilizzato, protegge da tutto, malattie e  bebè che arrivano al momento sbagliato.

Ma forse, per rilanciare il messaggio, non basterà ridurre l’va, nemmeno la si potesse azzerare.