Non è una pratica contraccettiva ancora diffusa in Italia, ma altrove sta tornando molto di moda.

La sterilizzazione anticoncezionale, utilizzata cioè al posto dei contraccettivi tradizionali, sta ottenendo sempre più consensi tra uomini e donne di ogni angolo del mondo:  in Canada riguarda ormai quasi il 22% della popolazione sessualmente attiva, in Australia il 14%, negli Stati Uniti tra l’8 e l’11%. In Europa, dopo il Regno Unito (in cui fa ricorso alla sterilizzazione l’11% delle persone) si piazzano Belgio (8.1%), Irlanda (7.3%) e Spagna (4.5%).

L’Italia, aggiungiamo per fortuna, resta anche in questo caso tradizionalista: solo lo 0.1% della popolazione che sceglie di ricorrere alla “contraccezione definitiva” senza averne alcun bisogno.

 

La sterlizzazione contraccettiva: pericolosa e spesso irreversibile

 

Quanto ai motivi che spingono tanta gente a scegliere di abbandonare pillola, preservativi, cerotti o altri dispositivi contraccettivi in favore della sterilizzazione, c’è ancora da lavorare, visto che le controindicazioni del trattamento superano di gran lunga i vantaggi. Sul tema dovrebbero interrogarsi gli psicologi.

La sterilizzazione nasce a fini terapeutici, quindi praticarla su persone sane è un controsenso. Nel caso dell’uomo – che vi si sottopone più di frequente in presenza di infiammazioni croniche e malformazioni – si parla di vasectomia. E sta diventando una moda.

Aggiungiamo imprudente e sconsigliabilissima, per tanti motivi:

  • Si tratta di una operazione chirurgica piuttosto delicata, quasi sempre a pagamento (costa 1000 euro almeno, ammesso troviate qualcuno disposta a farla su un individuo sano), con tutte le conseguenze che ne derivano;
  • esiste una percentuale, seppur bassissima, di coppie (15 su 10.000) che concepisce ancora un figlio entro il primo anno successivo alla sterilizzazione o negli anni successivi;
  • la sterilizzazione non è affatto efficace contro le malattie sessualmente trasmissibili. Anzi, chi si sottopone ad un intervento di vasectomia, nei primi tempi è addirittura più soggetto a contrarre malattie, come accade in seguito a qualsiasi intervento intimo;
  • dalla sterilizzazione non si torna facilmente indietro. Si stima che un 3-6% degli uomini, anni dopo l’operazione, abbia un ripensamento e cerchi la strada del ritorno: l’intervento di inversione è costoso (con ulteriori spese a carico del Servizio Sanitario Nazionale) ed invasivo; ma soprattutto il suo successo non è affatto garantito. Solo entro i 3 anni dall’operazione nel 75% è possibile tornare indietro, ma più gli anni passano, più la percentuale di successo si assottiglia. Poi non resterà che chiedere il prelievo degli spermatozoi, rivolgersi alla fecondazione assistita e sperare che funzioni…

Per tutti questi motivi la sterilizzazione non trova facilmente consenso tra gli specialisti ed è praticamente impossibile praticarla  – anche se legale – attraverso il Servizio sanitario nazionale.

Anche gli ambulatori privati ci vanno con i piedi di piombo, a meno che non esistano reali necessità di natura medica. Ed il motivo è molto semplice: a fronte di un sistema sanitario che lavora per curare i tanti problemi di infertilità che hanno portato il tasso di natalità italiano a livelli disastrosi, praticare sterilizzazioni a puro scopo contraccettivo suona come un’offesa alla Medicina.

Perché, si chiedono i medici di buon senso, non fare ricorso ai tanti metodi più economici, altrettanto efficaci e meno pericolosi?

Perché non pensarci prima, al fatto che il preservativo va utilizzato comunque, essendo ad oggi l’unico metodo per prevenire HiV e altre malattie sessualmente trasmesse?   Perché procurarsi, insomma, delle lesioni volontarie, quando la scienza offre tante opportunità migliori?