Politica e preservativi. A parole vanno molto d’accordo e non solo perché entrambe fanno rima con la illuminante P di progresso. Parlare di preservativi e diritto alla contraccezione, secondo tutti i sondaggisti, fa crescere il consenso tra i giovani. E i giovani, sebbene difficili da portare alle urne, una volta conquistati – sempre secondo i sondaggisti – sono i più facili, fedeli alleati.

Così i politici, a turno, parlano di educazione sessuale, di sesso sicuro, dell’importanza della prevenzione e di moltiplicare i day-test sull’HiV. Fanno a gara l’1 dicembre a mettersi il fiocchetto rosso contro l’Aids e a dire “vinceremo l’HiV”. Insomma, fanno credere di crederci, almeno a livello di idee.

Nella pratica? A parte qualche proposta di legge che muore lì, c’è un granitico dato di fatto: da oltre 40 anni – dal 1975 – la legge 405 che istituì i consultori e la contraccezione gratuita, non viene ancora rispettata. Nemmeno il politico più riformista e innovatore è in grado di farla applicare a tutto il Paese.

Politica e preservativi: cosa prevede la legge

Fino al 1971, quando fu abrogato dalla Corte Costituzionale, era ancora in vigore l’articolo 553 del Codice Penale, che vietava propaganda e uso di qualsiasi mezzo contraccettivo, reato punibile con la detenzione (fino a un anno).

La legge 405 del 22 luglio 1975 istituì i consultori familiari, tra i cui scopi vi era anche quello di dare assistenza in materia di procreazione responsabile: all’articolo 4 si chiariva che tutte le prestazioni effettuate dai consultori e i prodotti farmaceutici relativi (come ad esempio preservativi, spirali ed impianti contraccettivi sottocutanei) sarebbero stati gratuiti per gli italiani e gli stranieri soggiornanti in Italia.

Solamente nel 1976, tuttavia, il Ministero della Sanità autorizzò la vendita degli anticoncezionali nelle farmacie.
Nonostante le petizioni portate avanti negli anni lo Stato si rifiuta di affrontare il problema con serietà, subordinando la sicurezza e la salute di giovani e non ad altre questioni economiche.

Conseguenza: dal 2007 ad oggi le vendite di preservativi sono calate del 13% e tra i giovani sono scese addirittura del 42%, con conseguente aumento delle malattie sessualmente trasmesse e della diffusione dell’HiV.
Rispetto agli altri Paesi europei, l’Italia è agli ultimi posti in tema di prevenzione: la spesa pro capite annuale degli italiani in profilattici è di 0,43 euro, contro lo 0,51 della Francia, 0,78 della Germania e l’1,07 del Regno Unito.
Vi chiederete: perché?

Ministero della Salute e preservativi:

La posizione del Ministero della Salute: “molti ancora credono che l’argomento preservativo sia vecchio e superato”.

Non più tardi della fine del 2016 Paolo Scollo, allora presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, denunciava la sua difficoltà di dialogo con le istituzioni, che ritenevano l’argomento preservativo già vecchio, superato, inutile da trattare. “Abbiamo chiesto diversi appuntamenti con il ministero, ma non ci ha mai ricevuti. L’educazione sessuale è un tema che scandalizza e divide. Ancora.”

Da allora i fatti non sono cambiati. Prova ne è il recente dibattito nazionale sull’idea di distribuire condom gratuiti ad under 24 e migranti. L’idea del “preservativo di cittadinanza”, lanciata dal Movimento 5 Stelle a settembre 2018 e promossa dalla stessa Grillo sui social network, è stata già ritirata in aula una prima volta.
Ora è stata ripresentata da 30 senatori a Cinque Stelle che chiedono di ridurre l’Iva “sui profilattici maschili e femminili per la prevenzione di infezioni”. La misura, così come è stata presentata, costerebbe circa 50 milioni di euro l’anno. Ma le opposizioni sono già tante.

Ancora una volta la legge 405 del lontano 1975 resta, nei fatti, inapplicata.

Per ora il ministro Grillo si limita a dire che: “c’è bisogno di educazione sessuale nelle scuole. Docenti, datevi da fare”. In poche parole demanda il compito, in virtù del principio di autonomia scolastica, ad altre istituzioni.
Di recente, un piccolo segnale è stato tuttavia lanciato. Giovanni Scambia, successore di Scollo alla SIGO, è stato nominato membro del Consiglio Superiore di Sanità, ovvero interlocutore istituzionale del ministro della Salute. Che qualcosa possa accadere anche a livello ministeriale?

Politica e preservativi: il colpo di reni delle Regioni

Se livello nazionale la questione non è mai stata affrontata, la delega in bianco alle Regioni (a volte addirittura alle singole Asl) in qualche caso ha funzionato.

Visto che la salute dei cittadini resta di pertinenza (anche economica) delle singole realtà regionali e che l’incidenza sulla spesa sanitaria di aborti e malattie sessualmente trasmesse va crescendo in modo preoccupante, qualche regione ha iniziato a farsi i conti in tasca. E così ha capito che applicando la legge del 1975 e distribuendo contraccettivi gratuitamente attraverso i consultori, avrebbe risparmiato.
Si tratta di pochi sparuti esempi di contraccezione gratuita dettati dalla necessità, ma è pur sempre una presa di posizione importante.

Pioniera, nel merito, fu la Puglia, che già dal 2008 avviò la distribuzione gratis di contraccettivi nei consultori per tutte le donne di età inferiore ai 24 anni, per quelle che avevano già abortito o che si trovavano nel periodo post parto, per le immigrate senza permesso di soggiorno, le neo comunitarie e tutte le donne di famiglie con esenzione del ticket. Il problema è che ancora oggi, la gran parte dei pugliesi ignora di avere questa possibilità, mai promossa in modo adeguato.
Molto più baccano mediatico ha fatto l’Emilia Romagna, che nel 2018 ha reso gratuita un’ampia fascia di contraccettivi, preservativi in primo luogo, per donne e uomini di età inferiore ai 26 anni, donne tra i 26 e i 45 anni disoccupate o lavoratrici colpite dalla crisi nei 24 mesi successivi a un’interruzione volontaria di gravidanza e nei 12 mesi dopo il parto. Per loro è prevista inoltre la gratuità anche della visita per la contraccezione e l’inserimento e rimozione dei dispositivi intrauterini e impianti sottocutanei.

È grazie alla pubblicità con cui si è promossa la “rivoluzione emiliana”, che poi Piemonte, Lombardia e Toscana hanno aderito all’iniziativa, cercando di risollevare l’Italia da quella posizione di fanalino di coda dell’Europa occidentale in tema di contraccezione.

Cinque regioni non fanno, però, il Paese.

E difatti, da un’analisi dell’European Parliamentary Forum on Population and Development – una rete di membri parlamentari europei impegnati a proteggere la salute sessuale e riproduttiva delle persone più vulnerabili – risulta che in Italia l’accesso ai metodi contraccettivi è ancora sotto finanziato. Di più: non raggiunge nemmeno i livelli di Romania, Turchia, Slovenia e Lituania.
Rendere la contraccezione gratuita in tutti i consultori e gli ospedali italiani, lo abbiamo già detto costerebbe 50 milioni di euro l’anno.
Quanto costano le cure per mantenere i soli affetti da HiV alla sanità italiana? Circa 312 volte in più!

Delle azioni passate abbiamo una piccola apertura risalente al 2008, ma che fine ha fatto? Ve la riportiamo. 

“Si moltiplicano le iniziative della Sinistra Arcobaleno in favore dell’uso del preservativo. Come anticipato da Vladimir Luxuria e Francesco Caruso in una recente conferenza stampa, il partito baserà la propria campagna elettorale anche sulla distribuzione gratuita di condom. Ecco allora spuntare, in numerose città della penisola, banchetti e altre postazioni dove si può ritirare il prezioso gadget, contenuto in una confezione multicolore.

Non tutti, però, sembrano apprezzare l’iniziativa. E non ci riferiamo solo agli schieramenti politici che la condannano apertamente, ma anche a chi la combatte con la forza. È di questi giorni, infatti, la notizia dell’aggressione subita da un rappresentante della Sinistra Arcobaleno a Firenze. Il malcapitato, intento a distribuire profilattici e volantini davanti a una scuola, è stato letteralmente preso a testate dal padre di una studentessa quindicenne ed è finito in ospedale. In Italia la politica è anche questo.”

È solo la storia che si ripete…